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Trento, 18 febbraio 2019
LA RIFORMA DEL COMITATO FAUNISTICO
E DELLA LEGGE PROVINCIALE SULLA CACCIA

Interrogazione a risposta scritta
presentata da Lucia Coppola e Paolo Ghezzi, consiglieri provinciali di FUTURA2018

Da molti decenni ormai il patrimonio faunistico non è più – fortunatamente – “res nullius”, ma un bene che appartiene a tutti e perciò indisponibile. Per tale ragione la fauna è un bene tutelato e uccidere gli animali una eccezione, non la regola.

Per questa ragione le parole dell’assessora Zanotelli, prima in Commissione legislativa e poi sui giornali, hanno suscitato molte reazioni. Quello che si contesta a Zanotelli non è l’affermazione scontata che una legge che ha 30 anni di vita debba essere sottoposta ad una verifica, ma che tale verifica consista nel semplificare controlli, sanzioni, regole per chi esercita la caccia e non “come migliorare le condizioni della fauna e come tutelarla al meglio”.

Occorre anche non dimenticare – a proposito della legge sulla fauna, che risale al 1991  - che a favorirne la sua approvazione concorsero almeno due questioni (oltre alle pressioni dei Verdi e degli ambientalisti), vale a dire il riconoscimento da parte del senatore Bruno Kessler, all’epoca autorevole esponente del mondo venatorio, che in Trentino il referendum era stato vinto dagli ambientalisti e di questo politicamente occorreva tener conto; in secondo luogo vi era la preoccupazione del mondo venatorio che l’approvazione di una legge nazionale sulla caccia, in dirittura d’arrivo, avrebbe ridimensionato i loro privilegi e messo forse in discussione le modalità in cui qui si esercitava la caccia.

La legge del 1991 non entusiasmò nessuno – è sempre così quando si tratta di norme che mediano fra posizioni contrapposte – ma fu accettata sia da chi non avrebbe voluto la caccia in alcun modo, sia dal mondo venatorio.

La legge, tuttavia, aveva alcune grosse lacune. La prima riguardava il problema della vigilanza venatoria. Fu osservato che affidare la sorveglianza a dipendenti dell’Associazione venatoria non offriva sufficienti garanzie di imparzialità.  La seconda riguardava l’eccessiva ingerenza delle Associazioni venatorie nella gestione della fauna, mettendo le Associazioni protezionistiche in assoluta minoranza, ed il Comitato faunistico sostanzialmente nelle mani di chi era anche cacciatore. Infine poco o nulla si è fatto per individuare aree tutelate per il ripopolamento di specie a rischio. Altro occorrerebbe approfondire per tutelare i corridoi delle specie migratorie, questione delicata che potrebbe coinvolgere anche la Comunità europea.

È su tali questioni che, riaprendo la discussione sulla legislazione venatoria, occorrerebbe concentrarsi. Quello che chiedono i cacciatori è noto, ma non è detto che sia concedibile.

L’assessora Zanotelli, che oltretutto, rivendicando le proprie passioni e ascendenze familiari venatorie, potrebbe incorrere in un caso di “conflitto di interessi”, sembra interessata principalmente alle richieste dei cacciatori.

Tutto ciò premesso

si interroga il Presidente della Provincia per sapere:

1) se non ritenga necessario avviare una ampia e ragionata consultazione tra le associazioni e gli esperti prima di mettere mano all’attuale configurazione del Comitato faunistico provinciale;

2) e non ritenga ragionevole che la revisione della legislazione venatoria debba partire dalle questioni tuttora irrisolte, al fine di migliorare il patrimonio faunistico provinciale e non – come traspare dalle dichiarazioni dell’assessora Zanotelli – essere finalizzata a rendere più agevole la caccia (che la maggioranza dei trentini non vuole);

3) e non ritenga che le Associazioni protezionistiche (ve ne sono molte di più di quanto appaia) abbiano il diritto di essere sentite per esporre le proprie istanze, al pari dei cacciatori che sembrano invece interlocutori privilegiati.

 

      Lucia Coppola

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